27 Agosto 2020
No alle speculazioni sul prezzo del pane e del grano. Con i progetti di filiera riconosciuta qualità e trattamento economico.

In Italia i prezzi di un bene primario come il pane siano superiori del 14,5% rispetto alla media in Europa, secondo quanto evidenziato dai recenti dati Eurostat. Dal grano al panino venduto, poi, il prezzo rincara di quasi 15 volte, per effetto delle speculazioni e delle importazioni selvagge di prodotto dall'estero, con pagnotte e panini spacciati come italiani all'insaputa dei consumatori. Oggi un chilo di grano tenero è venduto a meno di 21 centesimi mentre un chilo di pane è acquistato dai cittadini a valori variabili attorno ai 3,1 euro. Quasi quindici volte in più, tenuto conto che per fare un chilo di pane occorre circa un chilo di grano, dal quale si ottengono 800 grammi di farina da impastare con l’acqua per ottenere il prodotto finito.

“L’andamento del prezzo del pane dipende solo marginalmente dal costo del grano, con le quotazioni dei prodotti agricoli ormai sempre meno legate all’andamento reale della domanda e dell’offerta e sempre più ai movimenti finanziari e alle strategie speculative. Basta osservare il fatto che tra una città e un’altra il prezzo di una pagnotta varia molto. Il risultato di vendere il proprio grano a 21 centesimi è che un agricoltore deve venderne almeno 5 chili per potersi pagare, ad esempio, un caffè o una bottiglietta di acqua al bar. La situazione del grano italiano, stretto tra speculazioni di filiera ed importazioni selvagge, è la punta dell’iceberg delle difficoltà che deve affrontare l’agricoltura italiana. Questo accade anche con altri prodotti agroalimentari freschi. Numeri di Ismea dimostrano che per ogni euro di spesa in prodotti come frutta e verdura solo 22 centesimi arrivano al produttore agricolo, valore che scende addirittura a 2 centesimi nel caso di quelli trasformati, come salumi e formaggi, mentre il resto viene diviso tra l’industria di trasformazione e la distribuzione commerciale che assorbe la parte preponderante del valore.

Una risposta a questo tipo di speculazioni può arrivare con l’attivazione di accordi di filiera, progetti virtuosi, che garantiscono una prospettiva di reddito a medio-lungo periodo alle imprese che vogliono attivarli, oltre alla tracciabilità e sicurezza alimentare dei consumatori. Assicurare la sostenibilità della produzione con impegni pluriennali e il riconoscimento di un prezzo di acquisto “equo”, basato sugli effettivi costi sostenuti, devono essere gli obiettivi principali alla base dei veri accordi di filiera. Alla luce di questi numeri acquisisce un’importanza ancora maggiore il progetto appena attivato da Coldiretti a livello piemontese e al quale partecipano anche le nostre federazioni, insieme al Cap Nord Ovest, per la filiera di frumento tenero Gran Piemonte”, spiega Paolo Dellarole, presidente di Coldiretti Vercelli- Biella

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